Il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato al Presidente del Governo etiope, Abiy Ahmed “per i suoi sforzi per raggiungere la pace e la cooperazione internazionale, e in particolare per la sua decisiva iniziativa per risolvere il conflitto di confine con la vicina Eritrea”.
La figura di Abiy Ahmed è però importante anche nell’ottica della pacificazione interna, della riconciliazione, della libertà di espressione e del superamento della società patriarcale. Ci concentriamo, per nostro ambito di interesse, in particolare su quest’ultimo aspetto. Il governo di Ahmed è composto da un 50% di donne a capo anche di ministeri chiave come Aisha Mohammed alla Difesa e Muferiat Kamil, alla guida del nuovo Ministero della pace, responsabile della polizia e delle agenzie di intelligence nazionali. Alla guida della commissione elettorale ha messo la leader del partito di opposizione, Birtukan Mideksa, e l’ha incaricata di organizzare delle elezioni libere nel 2020.
Donna è anche la Capo della Corte Suprema: Meaza Ashenafi è avvocata, ha contribuito alla stesura della Costituzione e ha fondato l’Associazione delle Donne Avvocate, impegnate su temi quali matrimonio, divorzio, eredità, tutela da violenza e segregazione. È diventata famosa per un film del 2015 prodotto da Angelina Jolie, “Difret. Il coraggio per cambiare”. Racconta la storia dell’avvocata Ashenafi e della sua difesa, vincente, di una ragazza di quattordici anni accusata di aver ucciso l’uomo che l’aveva violentata per costringerla a sposarlo.
E donna è la Presidente della Repubblica, Shalework Zewde, ruolo simbolico ma con un peso molto importante, soprattutto in una società fortemente patriarcale come quella etiope. Nel suo discorso durante la cerimonia, Sahle-Work Zewde non a caso ha posto l’attenzione su due punti importanti: l’uguaglianza di genere e il mantenimento della pace. La nuova presidente ha incoraggiato sia gli uomini, sia le donne a portare avanti il cambiamento in fatto di parità di genere, auspicando un ampliamento anche sul fronte delle discriminazioni religiose ed etniche. L’altro punto su cui si sofferma è la pace dal punto di vista interno, esortando i partiti e gli oppositori politici a concentrarsi su ciò che li unisce per il futuro del paese, ed esterno, consolidando la pace formalizzata poche settimana prima della sua nomina tra Etiopia ed Eritrea.
[di Lorella Beretta]